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Olga Smirnova: happy birthday!

Riproponiamo l’intervista pubblicata su D&D n. 285 nel giorno del suo compleanno.

Di Catherine Pawlick 06/11/2020
Olga Smirnova: happy birthday!
Olga Smirnova ne "La Fille du Pharaon" (ph. E. Fetisova)

 

Nota per la purezza del suo stile classico e considerata una delle migliori ballerine della scena attuale, Olga Smirnova, che oggi compie 29 anni, è artista completa. Richiesta da coreografi come John Neumeier e Jean-Christophe Maillot, la capacità di adattare il suo incredibile bagaglio classico a personaggi moderni o a coreografie astratte provano la ricchezza del suo talento. Danza&Danza ha parlato con lei, dedicandole la copertina del numero 285, gennaio/febbraio 2019. Così si raccontava alla nostra collaboratrice dalla Russia.

Nikia, ruolo culto del repertorio classico sembra essere particolarmente speciale per lei, fin dal suo diploma all'Accademia Vaganova a San Pietroburgo...
Sergei Filin, che al tempo della mia entrata nel Balletto del Bolshoi era direttore artistico, scelse La Bayadère per il mio debutto proprio perché mi aveva visto ballare Nikia allo spettacolo di diploma dell'Accademia Vaganova. Di questo balletto amo in particolare il fatto che ha due parti stilisticamente ben distinte: la prima, che rimanda nei costumi e nei movimenti all'Oriente; la seconda, il Regno delle Ombre, che racchiude l'essenza del più puro stile classico. Quando ho iniziato a danzare da professionista al Bolshoi questo e altri ruoli classici ho capito che in loro c'è molto più di quanto pensavo quando ero in Accademia. Ciò mi ha spronato a rendere ciascun personaggio classico un po' più mio, aggiungendovi accenti e sfumature personali. Nelle ultime otto stagioni al Bolshoi ho compreso che non si può ripetere un ruolo nella stessa maniera in eterno, perché con il passare del tempo, tu cambi, il mondo intorno a te cambia e anche il modo in cui si affronta un personaggio deve cambiare. Certo la partitura coreografica rimane intatta; mi riferisco piuttosto all'interpretazione che può trovare nuovi significati. Non importa quante volte io abbia danzato un ruolo se ci trovo qualcosa di nuovo da apportarvi. La mia fortuna, in Bayadère, è il fatto di danzarla da molti anni con Semyon Chudin: con un partner fisso dopo aver raggiunto la padronanza degli aspetti tecnici (tanto che alla fine ti sembra di 'superarli' inconsapevolmente) la mente è così libera da permetterti di dedicarti a fondo all’espressività.

Ultimamente ha avuto modo di danzare in ruoli creati per lei da Jean-Christophe Maillot. Quali sono le sue impressioni?
Nella sua Belle, che ha davvero poco a che fare con La Bella addormentata di Petipa, salvo per la partitura di Tchaikovsky per altro frammentata e riarrangiata con altre sue composizioni, Maillot recupera elementi molto oscuri che si rifanno alla favola originale di Perrault, dando al lavoro una lettura psicologica molto complessa. All'inizio è stato difficile adattarsi. Aurora nella versione di Petipa dorme passivamente, nella Bella la protagonista nel sogno immagina il suo principe, che bacerà per prima al momento del risveglio; dovrà poi combattere e uccidere la suocera per liberarlo dall'oppressione in cui viveva. Per conquistare amore e felicità deve superare traumi e conflitti, affrontare aggressioni, diventare forte e addirittura a sua volta aggressiva. Bernice Coppieters, musa di Jean-Christophe su cui è stato creato il ruolo (e infatti riflette molto la sua personalità e la qualità di movimento forte e deciso), mi ha insegnato tutto e ha condiviso con me e Semyon, in maniera incredibilmente generosa, ogni segreto del lavoro, per farci emergere al meglio.

E di Bisbetica domata cosa ci dice?
Mi sento molto a mio agio nel ruolo di Bianca che Maillot ha creato su misura per me, così che si adatta benissimo alla mia personalità: Bianca e io in effetti siamo molto simili e potrei danzare questo personaggio tutti i giorni! Jean-Christophe ha il grande talento di saper assegnare i ruoli alla perfezione riuscendo a tirar fuori dalla personalità dei danzatori qualcosa che è un loro tratto intimo peculiare per collegarlo all'aspetto del carattere del personaggio che vuole mettere più in evidenza: e nella Bisbetica domata si vede molto bene per tutto il cast.

Ha avuto modo di lavorare a lungo anche con John Neumeier. Qual è il suo processo di lavoro e quali le impressioni e gli stimoli che lei ne ha ricavato?
Per lui sono stata sia Marguerite Gautier che Anna Karenina ed entrambi i ruoli hanno lasciato una profonda impressione nell'anima. Durante le prove John ti dice molte cose, non solo relative ai passi, ma soprattutto su cosa sente in quel momento il tuo personaggio e questo aiuta immensamente. Nei suoi balletti la coreografia è molto difficile, nei duetti ci sono lift e movimenti complessi ma John è lì per spiegarti sempre il significato dietro a ogni gesto. All'inizio delle prove di Dame aux Camélias mi ero fatta così trasportare nel processo di creazione del carattere di Marguerite che cercavo di impressionare John con un gran numero di sfumature e tocchi al mio personaggio. Lui invece mi ha chiesto di fare un passo indietro e pensare solo ad alcuni tratti chiave che potessero descrivere Marguerite come essere umano: i dettagli sarebbero venuti fuori naturalmente da sé, di conseguenza, senza doverci pensare troppo. Mi ha insegnato come la più potente espressione artistica può arrivare semplicemente dallo stare immobili, prendendo una lunga pausa, cosa che se fatta al momento giusto può comunicare il senso di una intensa emozione. “Per favore, credi nell'intima forza dell’immobilità” è il principale consiglio che mi ha scritto in una sua lettera dopo la prima di Dame aux Camélias. Danzando i suoi lavori e seguendo il suo modo di lavorare sull'interpretazione ho capito come esprimere le emozioni della mia eroina, ma mi ha anche aiutato a capire come trasmettere in maniera più incisiva le emozioni dei personaggi classici, Nikia inclusa, e dare loro la verità di un essere umano”.

Ha appena debuttato in Artifact Suite di Forsythe e per tutti è stato chiaro che ha aperto una nuova 'via' alla sua plasticità. È stata davvero una sfida?
Sì, padroneggiare la danza di Forsythe è stata assolutamente una sfida. I suoi ballerini sono dinamici, precisi ed energici: ho dovuto lavorare molto per portare queste qualità al livello da lui richiesto. Ciò che mi ha sorpreso è stato scoprire come potesse essere così interessante un balletto senza trama. In Diamonds (da Jewels di Balanchine, ndr.) si trovano allusioni al classico, a immagini della vecchia Russia imperiale, all'enigma femminile e altri temi a cui potevo fare riferimento per trovare una linea espressiva. In Fogotten Land di Kylián potevo rifarmi al quadro di Munch che ha ispirato il lavoro o alla musica di Britten che evoca gli aspri scogli dell'East Anglia. Artifact invece è completamente astratto, senza un'apparente idea di base. Ci sono allusioni a Balanchine, al balletto classico, ad altri stili e coreografi ma all'inizio è stato complicato mettere tutto insieme. Era come se ascoltassi una lingua straniera per la prima volta e cercassi subito di parlarla: una cosa inusuale però avvincente. Potevo sentire che c'era un tema, un filo rosso, forse un significato segreto, anche se non ero capace di comprenderlo. Subito ciò che mi ha intrigato davvero sono stati gli inusuali meccanismi di movimento. La coreografia è davvero densa, il tuo corpo esprime continuamente qualcosa, i duetti sono complicati con un rapporto paritario tra uomo e donna: devi fidarti totalmente e prendere insieme dei rischi per dare massima espansione al movimento. Ma quando, grazie anche alla magnifica Kathryn Bennett che ha curato la ripresa, sono entrata 'dentro' il linguaggio di Forsythe, il suo significato si è totalmente rivelato. Purtroppo Forsythe non ha potuto seguire le prove e la prima a Mosca, così devo ancora esaudire il desiderio di lavorare proprio con lui. Avrebbe potuto dare moltissimo ai ballerini del Bolshoi; forse avrebbe provocato in noi qualche profondo cambiamento e sarebbe stato davvero prezioso sentire il suo parere dopo la performance. Avere un contatto diretto con un maestro di tale grandezza è sempre un'esperienza memorabile per un danzatore.

Lo scorso dicembre (2018) ha inoltre interpretato 16 recite del Plushenko Ice Show “Swan lake”, un progetto speciale con il pattinatore olimpico. Ci racconta questa avventura?
È stata l'idea di Sergey Filin di unire il pattinaggio artistico e il balletto in una produzione per le festività natalizie che potesse affascinare i bambini unendo un ambiente da favola e due mondi. Una bella sfida, a partire dal freddo della pista di pattinaggio! Ho dovuto indossare un costume speciale per stare al caldo… Le scene in cui io e Plushenko eseguiamo brevi duetti sono le più interessanti. Lui in quelle scene si toglie i pattini e sale sul palco con i ballerini. E’ incredibile perché riesce a essere vivace, brillante, aperto… è riuscito persino a ispirare gli altri, quando qualcosa non funzionava, con la sua etica del lavoro e il suo stacanovismo: lo spirito del vero campione! Filin ha inoltre chiamato il coreografo americano Garrett Smith, interprete anche il ruolo di Evil Genius/Rothbart, che ha dato un tocco di modernità a questo classico su musica di Tchaikovsky, eseguita live. È stata un'esperienza gratificante.

Con quali criteri accetta nuovi progetti fuori dalla sua attività al Bolshoi?
Il progetto deve essere per me interessante e darmi l'opportunità di collaborare con artisti che ammiro, rispetto e di cui ho fiducia. Per esempio, Manuel Legris mi ha invitato come sua partner per il suo tour giapponese di primavera: per l'occasione Patrick de Bana creerà un nuovo lavoro per noi. L'anno poi vede la mia partecipazione insieme a Kimin Kim allo YAGP Gala di New York e… speriamo che questa volta non ci siano problemi per il visto. Poi con il Bolshoi sarò in Australia e a Londra, oltre naturalmente, agli spettacoli a Mosca. Mi pare che l'agenda per quest'anno sia già bella piena.

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