Baciati dal talento e dalla bellezza
Nicoletta Manni e Timofej Andrijashenko
11/09/2017Nicoletta Manni e Timofej Andrijashenko formano la coppia di scena e di vita che mancava al balletto italiano. Al Teatro alla Scala, dove con il titolo di Prima ballerina lei e con lo slancio di brillante promessa lui capita sempre più spesso di vederli ballare insieme, si sono conquistati il plauso della critica e l’affetto del pubblico... Nicoletta e Timofej sembrano illuminarsi l’un l’altra, baciati dal talento e dalla bellezza, eppure discreti nell’esternare l’entusiasmo per le loro carriere in ascesa e per la propria felice relazione. Nel corso di tutta l’intervista sarà lei a condurre la conversazione, mostrando carattere forte e piglio organizzativo, mentre lui, all’apparenza pacato ma con un guizzo nello sguardo che ne rivela il temperamento vivace, la guarda teneramente, sfiorandole la mano di tanto in tanto.
Nicoletta e Timofej, vogliamo ricapitolare per i nostri lettori la vostra carriera nella danza?
Nicoletta. Io ho iniziato a due anni e mezzo, per gioco, nella scuola di danza di mia mamma, in provincia di Lecce dove vivevo. Volevo sempre di più, fino alla richiesta di tentare l’audizione alla Scuola di ballo della Scala. A 13 anni fui ammessa al 4° corso e per cinque anni ho frequentato l’Accademia, diplomandomi a 17 anni. Da minorenne non potei fare audizioni in Italia, così mi trasferii in Germania, allo Staatsballett Berlin, dove rimasi per tre anni e mezzo. Nel frattempo il Maestro Vaziev, allora direttore del Ballo, non mi aveva mai persa di vista, finché nel 2013 riuscì a farmi tornare, offrendomi un contratto in Scala. A lui devo tutto: da subito i ruoli principali, fino alla nomina a Prima ballerina un anno dopo il mio ingresso in compagnia.
Timofej. Per me invece è iniziato tutto in Lettonia, a Riga, la mia città. Non vengo da una famiglia legata alla danza ma mio padre, medico, da giovane aveva vissuto a Mosca e si era innamorato del balletto al Teatro Bol’šoj. Così i miei genitori decisero per me, scegliendo lo studio della danza come punizione: allora ero un ragazzaccio che preferiva il calcio, lo sci, il karate, ma presto intravidi nel balletto un ruolo nella mia vita. A 13 anni con i compagni del 5° corso dell’Accademia di Riga venni in Italia per partecipare al Concorso Internazionale di Spoleto. Qui conobbi Irina Kashkova, direttrice del Russian Ballet College di Genova che mi offrì di studiare con lei tramite una borsa di studio. Accettai, nonostante le preoccupazioni della famiglia rimasta a Riga, che però restò sempre in contatto con Irina, una seconda mamma per me. Così iniziò la mia vita italiana, imparando la lingua e frequentando le vostre scuole. Parecchi concorsi, in particolare quello internazionale di Mosca dove vinsi la medaglia d’oro, hanno favorito la mia carriera professionale, iniziata all’Opera di Roma. Alla fine del 2014 arrivò una chiamata del maestro Vaziev per un’audizione alla Scala: risposi immediatamente e dopo due settimane lavoravo qui.
Le vostre strade si sono incrociate per la prima volta allora?
Timofej. No, la prima volta fu nel 2012, al Concorso MAB…Nicoletta. … che io vinsi!
Timofej. Sì, in quell’occasione non potei fare nulla…
Nicoletta. Allora però fu un incontro casuale, non restammo neppure in contatto.
In quel clima da competizione cosa pensaste l’uno dell’altra? E come si è evoluta da allora la considerazione artistica reciproca?
Timofej. Quando vidi Nicoletta per la prima volta, al concorso, pensai che fosse una ballerina bravissima oltre che bellissima: mi incantai a osservare la fluidità dei suoi movimenti. La sua costanza e la sua forza tecnica e caratteriale sono le qualità che ho imparato a scoprire e ad apprezzare man mano che la conoscenza artistica e personale si approfondiva.
Nicoletta. Al concorso scrutai Timofej per bene, con l’occhio della concorrente: impossibile non notare il suo talento. Oggi, dopo che diverse occasioni ci hanno portati a ballare in coppia, apprezzo la sua spontaneità nello stare in scena e nel rapporto con la partner. È quella naturalezza di talento che avevo notato sin da subito.
Come è nata la vostra relazione sentimentale, dalle premesse della frequentazione professionale in Scala?
Nicoletta e Timofej. Da quando abbiamo iniziato a lavorare insieme le prove comuni ci hanno portato sempre più a contatto e pian piano il rapporto professionale si è approfondito. Proprio attraverso i ruoli che preparavamo insieme e la sempre maggior fiducia e confidenza l’uno nell’altra a un certo punto anche i sentimenti sono rimasti coinvolti.
Qual è il “vostro” balletto, quello a cui siete più legati?
Nicoletta. Direi Giselle che segnò l’inizio di un rapporto diverso. Era un debutto per entrambi, preceduto da un periodo di preparazione breve ma molto intenso. Lavorammo molto duramente con il maestro Vaziev e la signora Cenchikova e alla fine il risultato ci fu, no?
Timofej: Sì! Anche se all’inizio delle prove mi resi conto che dovevo imparare tutto! Questione di inesperienza, erano i miei primissimi ruoli. Ho vissuto in modo completamente diverso l’Albrecht che ho recentemente interpretato, capendo il personaggio, portandovi qualcosa di mio… e divertendomi anche!
Insieme siete stati successivamente protagonisti di Cello Suites ed Excelsior, fino ai due classici di Ratmansky, La Bella addormentata e Il Lago dei cigni: un’esperienza a sé, no?
Nicoletta. Sì, all’inizio entrambi eravamo un po’ spiazzati, benché felici di essere stati scelti in coppia dallo stesso coreografo. Il lavoro fatto con Ratmansky, estremamente esigente seppur sempre calmo, è stato intensissimo e molto importante. Anche danzando in futuro altre versioni porterò sempre con me qualcosa di queste ricostruzioni.
Timofej. Anche il pubblico parigino ha molto apprezzato: è stato emozionante danzare la prima al Palais des Congrès di Parigi, davanti a 4.000 persone.
Con il legame di oggi come preparate i ruoli?
Timofej. È più bello danzare insieme quando si conosce intimamente il partner. Si è avvantaggiati: non servono spiegazioni e non ci sono diffidenze da superare. In un balletto come Romeo e Giulietta poi la confidenza è fondamentale. Intanto, insieme al nostro rapporto, anche l’intesa artistica sta crescendo.
Nicoletta. A casa la preparazione continua e si finisce sempre lì: non tanto con discussioni su dettagli tecnici quanto sul profilo dei ruoli che vogliamo portare in scena. Così, se non c’è il tempo di leggere il libro da cui il balletto è tratto, ci documentiamo vedendo film o registrazioni. Io con la testa sono sempre lì, lui a volte riesce a distrarsi: è uno spirito più libero.
Caratterialmente come affrontate il lavoro quotidiano e soprattutto la tensione della scena?
Nicoletta. Io sono perfezionista, anche in senso negativo: o tutto o niente. Tendo a organizzare ogni cosa, forse un po’ ossessivamente. A queste condizioni però so mantenere la calma e di solito sono io che tranquillizzo. Ma anche Timofej non si agita particolarmente, un po’ più di me sì però.
Timofej. È vero, ma per l’ansia dell’inesperienza.
Con molti traguardi già raggiunti quali sono adesso le vostre aspettative per il futuro?
Nicoletta. Rimanere nel nostro teatro, interpretando più ruoli possibili e nel migliore dei modi, sia nel repertorio classico che moderno. Il mio sogno è ballare come ospite in altri teatri, senza lasciare l’Italia.
Timofej. Sì, è il sogno di tutti noi: danzare tanto, qui alla Scala. Con qualche opportunità, ogni tanto, di cambiare atmosfera e conoscere nuovi artisti.
da Danza & Danza 272 gen/feb 2017
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