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"Il canto delle rovine" in prima nazionale a Oriente Occidente

Di Maria Luisa Buzzi 07/09/2023
"Il canto delle rovine" in prima nazionale a Oriente Occidente
Cie Michèle Noiret in "Le chant des ruines" (ph Sergine Laloux)

ROVERETO Prosegue il Festival Oriente Occidente con un'altra prima nazionale. Stasera alle h. 20.30 al Teatro Zandonai va in scena la creazione di Michèle Noiret per la sua compagnia, una performance che unisce danza e cinema dal titolo Le chant des ruine (2019)un vero e proprio “trattato sulla catastrofe” come lo definisce la coreografa belga; una guida alla sopravvivenza per il XXI secolo in cui i cinque performer mostrano le diverse reazioni al caos, tra resa e resistenza, e allo stesso tempo un’indagine attenta sulle repentine trasformazioni della nostra società.

Bloccato nel suo tour europeo dallo scoppio della pandemia, Le Chant des ruines della coreografa belga Michèle Noiret dall’ottobre 2019, quando è nato alla Biennale de Charleroi Danse, sembra aver acquisito maggior forza. A distanza di quattro anni questo pezzo multimediale coreografico e teatrale, sembra ancor più di attualità con la riflessione che sviluppa sulla crisi sociale e ambientale del nostro pianeta. Quasi premonitore delle catastrofi a venire, spinge a guardare al futuro sottolineando come il nostro atteggiamento debba cambiare per salvare il pianeta.

Il titolo ossimorico da subito proietta quella che il sociologo Zygmunt Bauman definisce “società dell’incertezza” in un mondo devastato e traballante: all’idea di canto, gioioso o malinconico che sia, fa da contrappunto l’inequivocabile termine rovine. “Il titolo – spiega Michèle Noiret – rappresenta lo stato d’animo in cui mi trovavo quando ho creato la pièce nel 2019, come molta incertezza circa il futuro ma allo steso tempo la speranza che le cose potessero cambiare ed evolversi positivamente. Non c’era ancora stata la pandemia, ma tutti i problemi ecologici erano già evidenti”. Ricoperto di macerie, il palcoscenico è una terra devastata con ammassi di cartoni, cumuli di plastica bianca intorno ai quali e sotto i quali i cinque danzatori di Noiret si muovono o si nascondono: un paesaggio mutevole amplificato dalla tecnologia interattiva dei video di cui la coreografa belga è pioniera fin dai primi anni Novanta.  Le luci fredde e la base sonora creata da Todor Todoreeff contribuiscono a creare un’atmosfera poco allegra in costante sfasatura con i corpi, sebbene l’interazione con l’ambiente mutevole dei cinque sia costante. Come se la risposta alle domande che pongono a sé stessi e al pubblico non fossero del tutto assimilate nonostante il vademecum di istruzioni per la sopravvivenza che una voce scandisce nel corso dello spettacolo. E’ una voce-telecomando a diffondere il messaggio, perfettamente calzante alla nostra società occidentale, benestante, forzatamente ottimistica che per dirla ancora con Bauman “esprime la sua massima libertà nello zapping”.

La danza prende forma in assoli, in gruppo, a coppie a seconda delle mutevoli circostanze: i corpi fuggono, lottano gli uni contro gli altri, si sostengono a vicenda, si nascondono nello spazio mutevole ritagliandosi momenti più intimi come l’assolo di una ragazza sulla malinconica Back to Black della compianta Amy Winehouse  o il corale momento in cui prima in quattro poi tutti insieme danzano in un tempo sfasato, rallentato, eseguendo gesti misurati e ampli Sul Bel Danubio blu di Johann Strauss. Raggelante bellezza, ultimo canto prima della vera catastrofe, capace di fagocitare nel profondo anche lo spettatore.

Precede lo spettacolo allo Zandonai, la perfomance itinerante nel centro di Rovereto (partenza alle 18 dal Museo) di Poetic Punkers, collettivo italo-belga diretto da Natalia Vallebona e Faustino Blanchut. I Poetic Punkers porteranno il pubblico in giro per di Rovereto con la loro performance itinerante The ranch is empty: una danza urbana ispirata agli scatti del fotografo Sebastião Salgado sui viaggi dei migranti. Sei performer provano a rappresentare sulla scena la relazione, il rapporto con l’altro, la capacità di mettersi in comunicazione, vedendo nell’incontro con l’altro una possibile soluzione alla distanza provocata dal progresso. Nella performance sono coinvolti anche i partecipanti e le partecipanti al workshop per amatori della danza e del teatro, guidato in collaborazione con la Compagnia Abbondanza/Bertoni.

 

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